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Giornale di Sicilia
Giovedì 26 gennaio 1978
Cronache dello Sport
Padre Caravaglia, il prete dirigente di Ravanusa, personaggio alla ribalta
"TIFATE FRATES"
E' stato convocato dal vescovo di Agrigento che lo ha invitato a calmarsi – per una discussione di carattere calcistico ha steso con un pugno il vice preside della scuola in cui insegna
Dal nostro inviato
ravanusa, 25
La "scomunica del pallone " non c’è stata.
Padre Caravaglia, il prete tifoso di Ravanusa indicato come uno dei protagonisti dell’assedio all’arbitro dopo la partita di domenica scorsa contro il Partinico è andato ad Agrigento a sentire cosa aveva da dirgli il vescovo, monsignor Petralia. "Smentisco – dice padre Caravaglia – che il vescovo abbia inviato lettere o pressioni perché io lasciassi il mondo del calcio. Mi ha voluto sentire, perché era giusto che ascoltasse anche la mia versione".
Ma allora cosa le ha detto il vescovo ?
"Mi ha raccomandato di calmarmi, questo sì. E io ci proverò. E poi non è la prima volta che vengo convocato dal vescovo. Nel 64 mi mandò a chiamare perché avevo messo su a Ravanusa un complessino di musica leggera, l’altra mia passione. Allora fece molto scalpore. Oggi in tutte le parrocchie c’è un complesso".
Ma chi è questo padre Caravaglia ? Un sobillatore, un prete violento, un personaggio pittoresco, un padre Eligio siciliano ?
Lui dice di essere soltanto un sacerdote che ha l’hobby del calcio, che magari alla partita s’infervora, fa il tifo, ma sobillatore no.
"Io alla testa di quelli che hanno tentato di assaltare l’arbitro ? Ma se ho tentato fino all’ultimo di evitare che i tifosi buttassero giù il cancello ! "
E la denuncia ?
Altro mistero. Si parla di denunce da parte dei carabinieri, ma di ufficiale non si sa niente.
E’ certo però che i colpi di arma da fuoco li hanno sparati i carabinieri. Padre Caravaglia mostra sette bossoli calibro nove che ha raccolto davanti gli spogliatoi e che si porta appresso come prova incontestabile.
Ora Padre Caravaglia parla con toni più pacati. Nelle settimane calde che avevano preceduto l’incontro col Partinico aveva detto al segretario della Lega Sicula: "Se ci saranno ingiustizie ne farò un caso nazionale". Soltanto che adesso il "caso nazionale" è diventato lui, questo prete tutto chiesa e pallone che si dichiara progressista nel senso che la Chiesa deve adeguarsi ai tempi, ma che si dichiara fedele alla teologia e non porta nemmeno il clergyman.
"Certo – dice – con tutto questo chiasso, non si può vivere. Ma ad un’accusa infondata ci si deve difendere".
Il passato clerico-
Nato a Ravanusa nel maggio del 1935, Francesco Caravaglia entrò in seminario giovanissimo. La passione per il calcio è spiccata, gioca come portiere.
Ma ha anche grandi doti organizzative.
In seminario nel ’48 mette su una specie di totocalcio fatto in casa: i pronostici riguardano le partite che si disputano in seminario, il premio più grande è costituito da seicento lire. Ma l’iniziativa dura poco. La vieta il rettore del seminario. È il primo scontro con le gerarchie ecclesiastiche a causa del pallone.
Padre Caravaglia viene ordinato sacerdote nel 1960. Sta due due anni a Sciacca, passa pure quattro mesi a Licata e riesce sempre a conciliare chiesa e pallone, seguendo da vicino le squadre locali e organizzando tornei giovanili.
Nel 1964 torna definitivamente a Ravanusa, insegna religione alla scuola media Manzoni.
Nel 1969-
I seguaci di Padre Caravaglia organizzano funerali burla, tappezzano Ravanusa di manifesti a lutto per la sconfitta dei rivali.
E Padre Caravaglia sale per la prima volta alla ribalta della cronaca nazionale. Due giorni dopo il professore Angelo Lauricella, fratello dell’onorevole, vice preside della scuola dove insegna Padre Caravaglia, si lamenta degli eccessivi sfottò dei rivali.
Ne nasce un diverbio abbastanza vivace e Padre Caravaglia mette al tappeto il vice preside con un cazzotto bene assestato.
Da quel cazzotto nasce una grande amicizia, poi ci sarà la fusione tra le due squadre e il Ravanusa arriverà alla promozione.
Padre Caravaglia diventa segretario della società. È un passionale, un tifoso. "Sui campi esterni, però, mi mantengo calmo".
All’inizio di quest’anno si è preso pure tre mesi di squalifica. È successo in Ravanusa – Akragas, partita di ritorno di Coppa Italia.
Dice Padre Caravaglia: "Ero in panchina. Per tutta la partita alcuni tifosi agrigentini mi insultavano. Poi il Ravanusa ha segnato. Allora mi sono alzato e ho fatto cenno al pubblico che avremmo fatto anche il secondo.
Hanno richiamato l’attenzione dell’arbitro, che mi ha espulso. Gli insulti continuavano. Allora ho perso la pazienza e ho fatto cenno ad uno dei più ostinati come per dire: esci fuori e vediamo. A questo punto non ho capito più niente. Mi era arrivata una pietra sul collo e sono svenuto", Padre Caravaglia smorza i toni, quasi si confessa.
Gli chiedo dei suoi rapporti con i giocatori. "Mi considerano – dice – un loro amico: né un padre spirituale né un dirigente. E con me si confidano". Ma allora non è un padre Eligio? . " Per carità, dice, non mi paragonate a quello lì".
Padre, dicono che lei sia un po’ manesco.
"Ma no. Se capita mi difendo. Non ho mai preso botte da nessuno".
Ma è vero che alle partite si scalmana e dice le parolacce ?
Mi accaloro e mi entusiasmo, è vero. Parolacce ? Dico soltanto quelle ormai in uso nei campi sportivi. Cornuto ? Si, anche quella".
Ma poi, quando ci ripensa, non si pente ?
" Si sempre. Quando insulto un arbitro mi vengono i rimorsi".
In paese sui fatti di domenica esistono versioni contrastanti, ma tutte concordi su due fatti: l’arbitro l’ha fatta grossa, i carabinieri hanno sparato ancora prima della sassaiola. E l’onorevole Lauricella, il presidente della squadra ? E’ seccatissimo, mi confida uno con aria molto grave.
Padre Caravaglia sente tutti questi racconti, mostra ancora i bossoli e dice che adesso è tornata la calma e che non succederà più niente. Poi aggiunge: "il vescovo mi ha lasciato sui campi di gioco. A me il calcio non lo possono togliere ".
Lui il prete tifoso, fedele alla chiesa tradizionale, sarebbe disposto alla disobbedienza per il pallone.
Comunque non porge l’altra guancia.
I cazzotti li dà, non li riceve.
Giuseppe Bagnati